Dall’imprenditore Giuseppe Pizzino, presidente del Movimento
‘Progetto Sicilia’ (fautore di un programma politico-economico
che prevede un sistema monetario complementare per l’Isola e l’emissione
di Sicily bond, ve ne abbiamo parlato qui)
riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione sulla situazione
economico-finanziaria della Regione siciliana, che secondo
l’imprenditore, porterà alla caduta del governo regionale. Pizzino fa
una cronaca delle ipotetiche dimissioni del Presidente Rosario
Crocetta che vede come imminenti “Palermo, 15 maggio 2013, Crocetta si è dimesso!
Il Presidente On. Rosario Crocetta ha rassegnato le proprie dimissioni dalla guida del Governo della Regione Siciliana. Dopo un lungo e serrato confronto
con il dottor Bianchi, Assessore all’Economia, ha deciso di rimettere
il mandato che gli era stato affidato dai siciliani ad Ottobre dell’anno
scorso. Dopo soli sei mesi dal loro insediamento hanno deciso di
mollare. La prima dichiarazione è stata: “Qui va tutto a rotoli, sono
stanco, non sono più in grado di sostenere questo grave peso, mi
dispiace aver tradito la fiducia dei Siciliani”.
Crocetta, sebbene tutti i parlamentari siciliani avessero manifestato il
loro incondizionato sostegno, sebbene potesse contare su una
maggioranza di novanta deputati, ha rimesso il mandato e ha lasciato
Palermo, per ritirarsi a Castel di Tusa, in assoluto isolamento.
La situazione, molto tesa, è precipitata nelle ultime ore a
seguito delle insormontabili difficoltà riscontrate dai Parlamentari
siciliani nel riuscire ad approvare il bilancio 2013 che, a seguito di
drammatici tagli, proposti dall’Assessore all’Economia, dei costi del
personale della sanità (infermieri, medici e servizi), del personale
diretto della Regione e delle sue partecipate e, infine, dei tagli ai
trasferimenti agli ee.ll., già a rischio insolvenza, metteva a serio
rischio la tenuta dello stato sociale, innescando violente proteste in
tutta l’Isola, ormai prossima allo scontro civile.
Il Parlamento ha dovuto fare i conti con le sempre più scarse entrate
per tributi propri e, di contro, con il contenimento della spesa
corrente, ormai fuori controllo, che ai fini del pareggio di bilancio
doveva obbligatoriamente incidere sulle sue poste più consistenti: costi
del personale della sanità, personale diretto ed enti locali.
I deputati regionali non hanno voluto, o potuto, per paura di
nuovi disordini di piazza, approvare il documento varato dalla
commissione finanza, elaborato dal dottor Bianchi, che ai fini del
pareggio di bilancio prevedeva un taglio, del trenta per cento, degli
stipendi del personale diretto della Regione, per consentire un
risparmio di € mezzo miliardo, del venti per cento del personale della
sanità, che avrebbe permesso un risparmio di € un miliardo, ed un taglio
dei trasferimenti agli enti locali per € mezzo miliardo, per un totale
di due miliardi, che avrebbe consentito di ridurre la perdita da € tre a
due miliardi.
Altri tagli per € un miliardo erano stati proposti dall’Assessore verso
gli assessorati alla famiglia, alle attività produttive ed
all’agricoltura ma, considerato quanto sopra, non sono stati neppure
discussi dall’Assemblea Regionale Siciliana.
Che la situazione economica e finanziaria della Regione
Siciliana fosse estremamente delicata era nota da tempo, già il DPEF
elaborato a Dicembre testimoniava un pesante deficit di bilancio per
oltre € 2,6 miliardi, che Crocetta e Bianchi pensavano di contenere con i
provvedimenti varati nel cosiddetto decreto “tsunami” elaborato nel
mese di marzo.
I buoni propositi del Governo, però, hanno dovuto fare i conti con la
realtà, ben diversa, che non consentirebbe di capitalizzare in tempi
brevi quanto da poco emanato.
Infatti, per quanto riguarda il taglio delle provincie non potrà essere
praticato per mancanza di copertura finanziaria, seppur vero che il
risparmio per i costi della politica per indennità di carica di
presidenti, assessori e consiglieri potrebbe essere di € 10 milioni per
l’anno in corso, a regime € 30 milioni, altresì i costi del personale,
oggi di competenza statale, che dovrebbe essere trasferito a comuni e
regione, ammonterebbe a € 240 milioni.
Per quanto riguarda l’iniziativa intrapresa dal Governo per
riscuotere in modo unilaterale i presunti proventi per tributi propri a
seguito l’attuazione dell’articolo 37 dello Statuto Speciale, dopo il
rifiuto di Riscossione Sicilia di rimettere tali presunti tributi,
si sta assistendo a uno scontro a muso duro con il Ministero
dell’economia, che non solo ha promosso un contenzioso legale presso la
corte costituzionale, mettendo in discussione sia la legittimità
dell’iniziativa che i tempi, i modi e gli stessi importi che si
ritengono non dovuti, ma sostiene inoltre che a fronte di quanto
richiesto dalla Regione Siciliana parimenti dovranno essere conteggiati a
carico della Regione le relative competenze per i servizi erogati dalla
Stato nella Regione Siciliana.
Nell’elaborato di marzo era anche prevista l’emissione dei
Trinacria bond, pensati per alleviare le difficoltà delle imprese che
vantano crediti per servizi nei confronti della Regione per € sei
miliardi, questi, contrariamente alle stime, potrebbero essere
emessi, nell’anno 2013, fino a un importo massimo di soli € 18 milioni,
tanto quanto risulta il capitale sociale disponibile nell’ultimo
bilancio approvato da FinSicilia S.p.A., poca cosa rispetto a quanto
vantato dalle imprese.
Infine, la sociale card e/o il reddito di cittadinanza restano
impantanati in commissione per la difficoltà nello stabilire un ordine
di priorità in base alle risorse disponibili. Le famiglie
siciliane in gravi difficoltà sono mezzo milione su un totale di due, se
a questi si volesse riconoscere anche solo un contributo di mille euro
l’anno, € 80 mese, servirebbe mezzo miliardo di euro, rispetto ai €
trenta milioni a disposizione dal recupero di spesa, presunto.
Calcolando un contributo di cinquemila euro l’anno per famiglie meno
abbienti si potrebbe soddisfare solo seimila soggetti interessati da
questo provvedimento.
A quanto sopra si aggiunge un ulteriore peggioramento della situazione
economica che vede il nostro PIL arretrare sul 2012 di oltre quattro
punti percentuali, molto più grave rispetto alle benevoli previsioni
della Banca d’Italia e dell’Istat, che prevedevano un calo del due per
cento, in media con il resto d’Italia
. A questo corrisponde una
riduzione delle entrate della Regione Siciliana per IVA, dovuta al calo
dei consumi delle famiglie, per Irap per calo dell’occupazione, dei
fallimenti e delle difficoltà delle imprese a pagare per mancanza di
liquidità e del credito bancario, così come per l’Ires per le
pesanti perdite registrate dalle aziende nell’ultimo anno e per l’Irpef
per l’aumento dei disoccupati e del ricorso agli ammortizzatori sociali,
non ultimo il mancato pagamento delle tasse automobilistiche che i
siciliani, avendo altro cui pensare, mettere il piatto in tavola,
lasciano per ultime in ordine di importanza.
Nei prossimi 90 giorni, la Sicilia tornerà al voto per eleggere
un nuovo Presidente, nella situazione peggiore ipotizzabile. Il numero
degli occupati è sceso a soli 1.300.000, pari a un quarto della
popolazione, 350.000 in meno rispetto al 2006, altri 100.000 perderanno
il lavoro nei prossimi due anni. Sono quasi 300.000 quelli che
cercano e non trovano lavoro, il numero delle imprese che chiude o
delocalizza ormai non è più conteggiato, nel 2012, il reddito
disponibile delle famiglie ha raggiunto il minimo storico a € 12.500,
rispetto alla media nazionale di € 18.000, a maggio del 2013, i debiti
della Regione hanno raggiunto quota € 14 miliardi, pari al totale
complessivo della spesa corrente, € 3 miliardi in più rispetto al totale
delle entrate correnti in un anno. Entrate correnti mensili consolidate
pari quasi a € 1,1 miliardi, contro uscite correnti per oltre € 1,3
miliardi, con un saldo negativo ogni mese di € 220 milioni. In questa
situazione qualunque sia l’esito delle nuove elezioni sarà impossibile
governare. Va riconosciuto il merito al Presidente Crocetta per
l’impegno e la determinazione nonché l’onestà intellettuale nell’averci
provato con tutte le sue forze e la sua massima capacità ma, come da
sempre abbiamo sostenuto noi di Progetto Sicilia, la situazione è tale
che non è risolvibile per via convenzionale.
Progetto Sicilia ha elaborato un programma di crescita, che consente di raggiungere subito questi veri obiettivi:
•la soluzione: occupare subito 250.000 siciliani disoccupati;
•aumento del reddito delle famiglie da € 13.000 a € 18.000 2014;
•crescita del PIL da € 82 miliardi a € 96 miliardi 2014;
•aumento delle entrate correnti per € 6 miliardi 2014;
•minori spese per € 2 miliardi l’anno 2014;
•investimenti infrastrutturali e strategici, € 40 miliardi in cinque anni,
•determinando un attivo di € 50 miliardi, cui liquidità € 10 miliardi.
Tutto questo senza ricorso all’indebitamento, senza elemosine Statali,
senza rivendicazioni sullo Statuto. Progetto Sicilia avverte che,
qualora non ritenesse esaminare lo studio elaborato, il nuovo esecutivo
dovrà affrontare questi drammatici imminenti eventi:
•perdita di altri posti di lavoro per oltre 100.000 siciliani;
•calo del reddito delle famiglie da € 13.000 a € 11.500;
•nuova decrescita del PIL da € 82 miliardi a € 78 miliardi;
•riduzione entrate € 2 miliardi; aumento della spesa € 0,5 miliardi;
•aumento del debito da 13 a € 21 miliardi, 15 nei confronti di siciliani.
Progetto Sicilia chiede un tavolo di lavoro intorno al quale avviare un
confronto sul nostro programma di crescita, nell’interesse della Sicilia
e per il benessere di tutti i siciliani”.
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